giovedì 9 agosto 2007

Nella terra di Haile

Addis Ababa
Aspettiamo un'oretta all'aeroporto di Addis Abeba (anzi, Addis Ababa) che l'ufficio dell'Ethiopian sbrighi le procedure burocratiche per uscire in città. Tutti quelli che venivano da Roma e vanno a Kinshasa passeranno una notte qua: siamo noi tre, due suore, una ragazza congolese e una coppia di signori anch'essi congolesi ma di Brazzaville.

Una volta usciti è tutto organizzato: prendiamo un autobus (certo meglio del 64 che ha preso Samuele) che ci porta all'albergo in centro. Un bell'alberghetto, le stanze sono enormi, televisione con ben 4 canali di cui la CNN e frigo (senza bar). Nel tragitto Silvio continua a ripeterci che questa è un'ottima preparazione a quello che ci aspetta a Kinshasa: una via di mezzo tra Europa e Africa. Dice, "qua i taxibus sono colorati diversamente, e ci sono le strisce per strada". Ah.

A quanto mi sembra di capire uscendo a fare un giro con un taxi affittato, il concetto di "centro città" è relativo: questa sembra essere una di quelle città in cui non c'è un centro evidente. Ci sono grandi strade, una serie di poli d'attrazione, ma nessun centro storico chiaro. Il campus universitario, antica residenza di Haile Selassie, è splendido. Altro che la Sapienza (ci vuole poco in effetti).

L'autista dovrebbe farci vedere le attrazioni "turistiche", ma non sembra molto collaborativo. Ci porta in un quartiere che si chiama "Piazza", un altro che si chiama "Mercato", e ci dice che qui gli italiani non li odia più nessuno, è stato tanto tempo fa. Noi insistiamo col nostro senso di colpa da rimosso colonialista, vorremmo farci prendere a bastonate tanto per tornare contenti a casa con le cicatrici da far vedere a Del Boca, ma niente. Ci vogliono bene. Campioni del mondo.

La sera vorremmo andare a mangiare zighinì in qualche bettola (Silvio e Samuele non hanno mai mangiato eritro-etiope, un crimine!), però ci sconsigliano di uscire. Non capiamo se è perché vorrebbero che dessimo altri soldi all'autista che ci porta nel bel posto turistico carino, oppure per sana preoccupazione per la nostra salute di bianchi spaesati. In effetti però non c'è molto là intorno (a parte uno strano ristorante "Lombardia") e quindi propendiamo per mangiare in albergo. Lo zighinì non esiste (sarà un nome eritreo?), ma ci portano roba comunque molto buona e un ingera leggerissimo, molto più che in Italia.

Vado a dormire sazio ma non gonfio, pensando però che questa Addis non l'ho capita. Certo, ci sono stato poco e non mi ero preparato. Ma anche geograficamente, non sono riuscito ad inquadrarla. Niente da fare, ci dovrò tornare.

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