domenica 19 agosto 2007

Mundele, pesa mbongo!*

Mercato del pesce a Kinkole
In Congo siamo dei rotoli di dollari che camminano. Al di fuori di un raggio di qualche chilometro dalla missione, veniamo regolarmente avvicinati da mercanti e mendicanti che cercano di far passare alcuni dei franchi congolesi dalle nostre tasche alle loro. Comprensibilmente, visto che nelle nostre tasche è spesso contenuto il guadagno medio di un mese per uno di loro. La prima frase in francese che i bambini di città imparano è "Mundele, donne-moi l'argent!"*

Chiaramente, anche i prezzi sono differenziati a seconda del colore della pelle. Noi ci scandalizziamo che i commercianti chiedano a noi un prezzo doppio o triplo di quello che chiedono a un locale, ma è davvero ingiusto?

Anni fa, un gruppo di saltimbanchi olandesi andava in giro su una nave portando uno spettacolo itinerante. All'entrata, gli spettatori venivano pesati; il prezzo del biglietto variava a seconda del peso dello spettatore.

Qualcuno ha proposto di far pagare le multe in funzione del reddito. Un incosciente ricco con la Ferrari non eviterà di andare a 300 km/h in autostrada solo perché potrebbe prendere cento euro di multa. Se ne potrebbe permettere diecimila, di multe così.

E quindi, forse anch'io dovrei pagare un CD sei dollari invece dei tre che paga un autoctono.

Oggi, mentre eravamo a Kinkole, il lido di Ostia di Kinshasa, contornati da venditori ambulanti, un ragazzo congolese che ci accompagnava ci ha fatto notare che lui i CD li pagava la metà di quanto il venditore ci aveva chiesto. E' stato aggredito, perché lui tradiva i fratelli, tradiva il Congo e si era venduto ai bianchi.

Al di là del ragionamento sulla probabile iniquità di pagare le cose quanto le paga uno di qua, mi sono trovato palesemente davanti agli occhi questa barriera che ci divide in "noi" e "loro". Una barriera ineluttabile e probabilmente incrollabile. Mi sono chiesto se potrò mai superare la condizione di dollaro deambulante. O se piuttosto noi mundele non siamo in qualche modo condannati a mantenere il ruolo di vacche da mungere o - al contrario - di sfruttatori che si approfittano di un popolo in miseria per far prosperare i propri affari.

In Congo, ad esempio, non esiste praticamente nessun business in mano a proprietari locali. Senza andare troppo lontano a cercare le multinazionali americane ed europee, anche i piccoli commerci sono in mano a stranieri. Libanesi, indiani, pakistani, cinesi. Gran parte dei soldi spesi in Congo esce dunque dal paese.

I congolesi al limite si muovono su un'economia di sussistenza: possono essere proprietari di un banchetto per la strada che vende il pesce essiccato, o la farina di manioca, o le ricariche dei cellulari. Oppure fanno i venditori ambulanti di CD.

(*Bianco, dammi i soldi!)

5 commenti:

Anonimo ha detto...

in mali, l'unico modo per abbattere la differenza tra noi arroganti, portafogli ambulanti e loro, è stata la magia...ti vedo male tirare fuori un pendolo e predire eventi futuri...ma ti assicuro, funziona!!!!
comunque non sarebbe un esperienza malvaggia farti portare da un witchdoctor locale. b.

Anonimo ha detto...

Ciao Daniele,

complimenti per il gran lavoro smanettone (e non solo immagino) e per il blog...

Questo tuo post (e la considerazione che fai sulla "barriera") mi fa pensare a tanti pensieri simili avuti durante mie esperienze di vita e di progetto in culture "altre" dalla nostra (Balcani, centro-sud America)...

Assolutamente fuor di provocazione, ben conscio dell'approccio isfista ai progetti di cooperazione e solo per mantenere vivo un sano spirito critico ;-), ti segnalo ora questo articolo che ti citavo pochi giorni prima della tua partenza...

Saluti e abbracci a te ed agli altri isfisti,
-Stefano Puglia

P.S. Che te manca Ostia???

Daniele ha detto...

Ciao Stefano,

L'articolo l'avevo letto prima di partire e fa riflettere, soprattutto sui luoghi comuni e l'immagine che l'occidente ha dell'Africa. E su diverse cose mi trovo anche d'accordo.

La cosa che mi è parsa un pò buffa, però, è che l'autore dell'articolo stesso è sì un africano, ma nato e cresciuto negli Stati Uniti, considerato "one of the best young american novelists" da Granta.

In questa prospettiva, non è un pò troppo facile per lui scrivere "africano come me" e "noi africani" nell'articolo?

Unknown ha detto...

Dani,

sono di ritorno dalla mia vacanza e trovo il tuo commento sulla "barriera" esattamente calzante con quello che ho provato andando in un posto a mio avviso assurdo.. i tanto "agognati" Caraibi (Barbados per l'esattezza). L'interno dell'isola è Africa vera (nipoti di schiavi sfruttati dai coloni inglesi) la povertà è pazzesca ma se ti sposti sulla costa trovi il lusso.
Lusso sfrenato e povertà estrema che convivono a pochi metri con l'indifferenza dei bianchi che gestiscono tutte le attività a reddito, turismo incluso, relegando gli abitanti dell'isola nella zona centrale. L'isola è un cantiere (tra 5 anni non la riconoscerei dati i progetti in costruzione) e gli abitanti stanno perdendo il loro territorio e guardano i turissti come dollari deambulanti. La curiosità e volgia di capire mi ha portato in una festa tutta di barbadiani (in terza classe per molti aspetti si sta meglio che in prima!) mi sentivo un po fuori luogo eravamo in fila per mangiare il marlin e un barbadiano davanti a noi ha iniziato a raccontarci un po di lui poi ci voleva fare passare avanti perchè ci riteneva ospiti della festa (eravamo forse gli unici bianchi) e ci voleva anche offrire da bere. Un'altra persona si è avvicinata e ci ha dato il ben venuto prendendomi la mano io mi sentivo commossa al solo pensiero che circa 100 anni fa i loro bisnonni sono stati trattati come schiavi dalle nostre menti ed ora io venivo accolta così....
Al tuo rientro ti racconto di più un bacio e un abbraccio fortissimo.
Betta

Rittardo ha detto...

mundele, pesa mbongo! nzala!

sono tornato lunedì da Kinshasa, affascinante e terribile!