sabato 22 dicembre 2007

Aereo di Natale

Christmas Plane
Tutte le compagnie aeree congolesi sono bandite dall'Unione Europea, però la prendono con allegria...

giovedì 20 dicembre 2007

Come Robinson Crusoe

Island on lake Kivu
Un'isola, in mezzo al lago Kivu. Con una singola casetta.

Paragone abusato, qua sembra la Svizzera. Una Svizzera con le palme, i manghi, la manioca.

Just Don't Do It

Just Don't Do It

Holiday in Goma

Tende e lava a Goma

(Where the slums got so much soul)

Siamo a Goma. Questa è l'unica città da cui passiamo dove non abbiamo niente da fare, dove anche volendo non potremmo lavorare. E quindi siamo in vacanza.

A 30km da qua ci sono i ribelli di Nkunda. Ci si spara quasi quotidianamente; annunci di tregue e desideri di pace sono puntualmente smentiti dai colpi di artiglieria. Goma è invasa dai caschi blu; l'aeroporto è presidiato, gli elicotteri ronzano al ritmo di uno ogni dieci minuti sulle nostre teste.

Goma ha subito anche nel 2002 l'eruzione del vulcano che incombe sulla città, il Nyiragongo. La città è stata ricoperta dalla lava; ora è stata ripulita, o più che altro ammucchiata ai bordi delle strade insieme alle macchine bruciate.

Goma vive quella che dicono essere la realtà di ogni teatro di guerra (ma questo è il primo in cui passo). Mentre a pochi passi sparano, noi siamo alloggiati in un meraviglioso albergo (dove vanno giornalisti, funzionari, personale umanitario) immerso nel verde. Dove decine (centinaia?) di migliaia di profughi premono alle porte della città, esistono dei supermercati di lusso che vendono la pasta a 5 dollari al pacco.

La sera, tutti gli "internazionali" (così si chiamano in ogni parte del mondo gli operatori di organizzazioni governative e non) accumulano i loro fuoristrada bianchi fuori da locali cool, con musica di gusto euroamericano e menù che includono pizza e spaghetti bolognaise.

E sì, lo confesso. Dopo 10 giorni a Kisangani di pranzi e cene a base di riso in bianco, banane fritte, manioca bollita e spezzatino di carne, ci siamo presi una pizza.

Muzungo sul Congo

Fiume Congo
In Swahili, "mundele" (uomo bianco) si dice "muzungo". Questo dal Kenya al Congo, passando per l'Uganda; dove la lingua si sporca (il Kenya è considerato il posto dove si parla lo Swahili più "pulito", un pò come l'Inghilterra per l'inglese), ma sostanzialmente i termini sono gli stessi. Nello stesso Congo, esteso come l'Unione Europea, si parlano "solo" quattro lingue: Lingala, Swahili, Chiluba e kikongo.

Attraversare il fiume Congo a Kisangani costa 50 franchi congolesi (10 centesimi di dollaro). Ovviamente appena ci avviciniamo ci chiedono il prezzo muzungo: 5 dollari. Ma noi non vogliamo una barca tutta per noi; vogliamo attraversare con gli altri. Dopo lungo mercanteggiare, tira e molla, e grandi risate dei presenti, ci infiliamo di forza in una barca quasi piena e stipuliamo un'andata-ritorno per 2 dollari.

La traversata si fa su una piroga scolpita in un singolo tronco. Esiste anche un traghetto, ma sinceramente la piroga mi dà più fiducia.

Il fiume Congo è molto largo, e la corrente è piuttosto forte. La tattica per attraversare consiste nell'andare un bel pezzo controcorrente lungo la riva, e poi sfidare il centro del fiume facendosi trascinare il meno possibile a valle, risalendo eventualmente dall'altro bordo. Il nostro gondoliere, che è probabilmente stato scolpito nello stesso legno della piroga, ci guida in queste manovre. Noi, in uno stato buffamente euforico, seduti su degli sgabellini a pochi centimetri dall'acqua, non ci accorgiamo quasi della corrente che ci trascina.

Sull'altra sponda del Congo, non c'è praticamente niente. Case diroccate, e una gigantesca fabbrica di legname abbandonata, con quattro gru sul fiume e tronchi colossali appoggiati su camion arrugginiti.

Kisangani è tutta di là, sulla riva nord, ed è là che torniamo. E' là che vanno tutti i pendolari delle piroghe la mattina, è da là che tornano la sera. E infatti al ritorno la piroga è tutta nostra, gondoliere e tramonto.

domenica 16 dicembre 2007

Botteghe oscure

Champs Elysées
Champs Elysées

Maradona Diamond
Sempre il più forte

Force De Frappe
Alla faccia di De Gaulle

Zidane Diamant
La testa di diamante

Pas à vendre
Non vendesi

Prima di vendere
"Prima di vendere qualsiasi cosa nella vita, bisogna riflettere bene"

Disco la Bible
Non ballare, pensa a me

venerdì 14 dicembre 2007

Christmas with the Yours

Natale a Kinshasa

Ogni tanto leggo mail, vedo siti, sento persone... (mi muovo, conosco, faccio cose). Il Natale sta arrivando, è chiaro. La morsa del freddo, in Italia nevica, bianco Natal.

Anche qua Natale si avvicina. La foto di cui sopra è stata scattata alla reception dell'Hotel Invest il giorno 6 dicembre, quando siamo passati per Kinshasa. Alla tenera temperatura di 30 gradi è stato confortante vedere Babbo Natale, l'alberello (but not a true tree) e il giocondo pupazzotto ad aspettarci.

Il 7 dicembre, al nostro arrivo a Kisangani, un gruppo di bambini della parrocchia accanto alla missione dove dormiamo ha eseguito uno "Stille Nacht" perfettamente intonato (ancorché non saprei dire in che lingua).

E devo dire che seduto qui, sudato nella mia stanza, questi pensieri un pò mi rinfrescano. Subito dopo il ricordo del documentario sul festival del Nord di Murmansk che ho visto sul volo Parigi-Kinshasa.

Critical Kis

Biciclette a Kisangani
E' il secondo venerdì del mese, ma a Kisangani non c'è alcun bisogno di convocare una Critical Mass.

Mi ero stupito di non vedere quasi nessuna bici a Lubumbashi, città piatta e ipertrafficata; lì spostarsi in bici sarebbe perfetto.

Pensavo che la cosa fosse dovuta alla difficoltà di recuperare biciclette in Congo, e già mi immaginavo progetti di ciclofficine. Poi sono arrivato a Kisangani. Qua tutti si muovono in bici, o al massimo in moto. Le due ruote la fanno da padrone, quando ci muoviamo in macchina siamo quasi gli unici. Taxi se ne trovano pochi, ma a ogni angolo si può affittare un mototaxi.

Ovviamente dietro ogni cosa c'è una storia. Questa ce l'ha raccontata l'Abbé Bwanga (personaggio che meriterebbe un post a parte, vedremo). Durante la guerra, a Kisangani non erano i congolesi a combattere, bensì gli eserciti Rwandese e Ugandese che avevano scelto Kisangani come campo di battaglia. E già questo è abbastanza interessante.

Durante il conflitto, una delle due parti (non mi ricordo quale, ma ha importanza?) ha sequestrato tutti gli autoveicoli alla popolazione. Ed è così che le persone hanno cominciato a tirare fuori le bici.

Mmh, magari bisognerebbe sequestrare le macchine anche in Italia?

O bastano gli scioperi delle autocisterne?

lunedì 10 dicembre 2007

Pubblicità Progresso

Rien ne vous rapproche comme...
Lo so, mi è presa la fissa delle foto alle scritte. Che volete fà. Questa è pure un pò "montata". Una delle compagnie telefoniche locali ha come slogan "Niente vi avvicina come Vodacom" (ho fatto pubblicità, mamma mia). E presa da un certo angolo dietro alla base MONUC, bè... Ecco qua.

Più in generale, tanto per ritornare alle storie economiche, viaggiando per il Congo ci si accorge che le uniche società che fanno pubblicità qui sono le compagnie telefoniche (di cellulari, qua non esiste telefonia fissa, l'ho già detto no?) e... Le birre. Birrifici che sono tra l'altro praticamente le uniche industrie di trasformazione presenti nel territorio. La terra è ricca di materie prime, ma ce le rubiamo tutte noi e le trasformiamo altrove. Ci mancherebbe che qui si mettessero a tostare il caffè o a lavorare i diamanti. Però gli lasciamo la birra.

domenica 9 dicembre 2007

Per chi ha fretta

Canal De Vie: L'Evangile à grande vitesse
Questa è una delle radio in cui siamo andati a installare la connessione a Lubumbashi.

"Radio Canal de Vie: il vangelo a grande velocità"

mercoledì 5 dicembre 2007

Anche qui c'è KFC.

Katanga Fried Chicken
Niente, questa foto la dovevo mettere, tutto qua. Ogni commento è superfluo.

Aguzzate la vista

Lubumbashi Centre
Beccatevi questo bel (si fa per dire, certo avendo un fotografo decente a portata di mano) panorama del centro di Lubumbashi, e fate caso ad alcuni piccoli dettagli.

Prima occhiata: la strada è riccamente asfaltata, ci sono i marciapiedi, le case sono ripittate. Certo, si attraversa in mezzo alla strada, ma anche da noi, no? Qua ci sono dei bellissimi semafori. Hanno la stessa forma che a Bruxelles.

Le macchine in giro sono quasi tutte messe bene, sono principalmente SUV o sedan all'americana; spopolano le Toyota. E hanno i vetri al loro posto, anzi: hanno gli alzacristalli elettrici. La cosa lievemente peculiare è che quasi tutte hanno la guida a destra. Tipicamente perché vengono importate dagli Emirati, e altri paesi in cui si guida dal lato sbagliato. Qui c'è una specie di mischione, ma sembra che se la cavino. C'è un esercito di vigili dalla camicia gialla per tenere a bada il traffico.

Il traliccio che occupa mezza foto non è atipico. La città è piena di tralicci così. Si tratta principalmente di antenne per i cellulari o per la connessione a Internet. In un paese dove non esiste fibra ottica o rete telefonica fissa, tutto passa per l'etere. Concorso: quante antenne si vedono in questa foto? La soluzione a pagina 46.

La montagnola che vedete lì in fondo è artificiale. Qui siamo in zona mineraria, si tratta semplicemente di una montagna di scarti di alcune miniere locali.

Raccolta differenziata; ma la tecnologia avanza. Talmente tanto che una società olandese ha scoperto che da quella montagnola possono ricavare ancora una discreta quantità di minerali. La stanno quindi setacciando per tirarli fuori. Immagino che tornando l'anno prossimo e facendo la stessa foto, troveremmo un'altra montagnola leggermente più piccola, giusto accanto a questa. Aspettando le prossime evoluzioni tecnologiche.

sabato 1 dicembre 2007

Tanti auguri a noi

Vendeuse de perroquets mécaniques
In questi primi giorni a Lubumbashi, non siamo andati molto in giro. Sostanzialmente siamo rimasti chiusi in un ufficio a installare dei PC e lavorare su un server. Non molto diverso da casa, insomma.

Le cose cambieranno (ah, se cambieranno!), ma per il momento il nostro panorama sulla città è il balcone dell'ufficio, che si affaccia su una delle strade più centrali e trafficate di Lubumbashi.

La ragazza ritratta nella foto, in particolare, vende degli aggeggi sui quali si può registrare un suono (una melodia, una voce, fate voi). L'aggeggio è poi in grado di ripetere ad libitum il suono inserito. Per far apprezzare qualità del suono e resistenza dell'apparecchio, in questi ultimi giorni la giovane venditrice ci ha deliziato con la musichetta di "Tanti auguri a te" per tutta la giornata. Una festa.

giovedì 29 novembre 2007

Atterraggio morbido

Questo blog lo legge anche mia madre, per cui non insisterò troppo sui seguenti fatti:

- Le linee aeree congolesi che fanno i voli interni sono tutte state bandite dall'Unione Europea (mia mamma lo sa benissimo, quando mai mi è venuto in mente di insegnarle a usare Internet?)

- Gli alberghi a Kinshasa costano 70 dollari a notte, praticamente uno stipendio medio di un congolese. E le stanze... Vabbè. Fa venire nostalgia dell'albergo dell'aeroporto di Parigi.

- Gli alberghi a Lubumbashi, invece, costano 60 dollari a notte, ma in compenso la sera non c'è l'acqua (che almeno a Kinshasa c'era).

- Il mio cellulare congolese non riesce a ricevere telefonate (ma lo faccio riparare, giuro).

Mamma, va tutto bene. Sono sano e salvo a Lumumbashi, che tra l'altro è molto più carina di Kinshasa! (Davvero).

La ville la plus romantique du monde.

Roma-Kinshasa, con Air France, si fa ovviamente via Parigi. Si arriva la sera e si riparte la mattina. E nel frattempo si dorme là, in uno dei molti splendidi alberghi di Roissy en France, a due passi dall'aeroporto Paris CDG.

Se non sbaglio, è stata la Francia con "Formule 1" a inventare questi alberghi "fast-food" (si potrebbe forse dire fast-sleep). Vieni, dormi e te ne vai. Simili ai voli low-cost.

Se hai bisogno di spostarti da A a B, Ryanair di base te lo fa fare praticamente gratis. Se poi hai esigenze supplementari (vuoi un posto comodo? Prenoti senza troppo anticipo? Ma che per caso pensavi di portare anche dei bagagli?) paghi in più.

Allo stesso modo i dors-vite francesi ti fanno dormire. Arrivi la sera, riparti la mattina, ti dò un letto e un bagno, cosa rompi le balle? Se vuoi la colazione paghi in più. Se vuoi la connessione paghi in più. Se vuoi una birra per rilassarti prima di andare a dormire, paghi... Ah, no. Quella proprio non c'è. Bravi. Analcolici. Gli alberghi per i camionisti. Giusto.

In realtà la connessione gratis c'è, ma solo dalla hall. E dalla camera 101 (la mia), che sta giusto sopra la hall. Fortunello.

(Nota di 3 giorni dopo: ciò non toglie che sono svenuto a letto prima di riuscire a postare questo sul blog...)

lunedì 26 novembre 2007

There, and back again.


Torno giù. Parto oggi. Anzi, è meglio che mi sbrigo sennò perdo l'aereo.

Vado a fare qualcosa di simile, eppure diverso da quello che ho fatto ad agosto.

Non starò a Kinshasa quasi per niente, userò Kin solo come hub aeroportuale (ammazza che parole moderne che uso). Andrò invece a Lubumbashi, Kisangani (da non confondere con Kingasani, dove sono stato quest'estate, che comunque una voce su Wikipedia nemmeno ce l'ha) e infine a Bukavu. Sto quasi quattro settimane, torno il 23. Appena in tempo per Natale.

Il progetto ce lo metterò in un secondo momento. Si tratta sempre di smanettamenti, ma questa volta c'è una forte componente wireless (di cui io sono un grandissimo inetto esperto).

Non so come mi sento a tornare lì. Per ora, come prima di qualsiasi viaggio, non mi rendo tanto conto di partire. Ho fatto le valigie come un automa, senza interrogarmi molto sul fatto che starò via un mese. Mi sveglierò dal torpore all'atterraggio. Come al solito.

giovedì 1 novembre 2007

Kingasani Rap.

A voi lo splendido video di una canzone rap di Jado, ragazzo che abbiamo conosciuto a Kingasani. Il titolo è "2K The News". Enjoy and stay tuned, ce ne sono in serbo altre. ;-)



giovedì 4 ottobre 2007

La sfiga ci vede benissimo.

Oggi un aereo Antonov 26 è precipitato subito dopo il decollo dall'aeroporto di N'Djili, a Kinshasa (BBC, Corriere, Repubblica). L'aereo è precipitato proprio sul quartiere di Kingasani, dove siamo stati quest'estate. Del resto la cosa non è particolarmente sorprendente; il quartiere è perfettamente in linea con la pista di decollo e di atterraggio, basta vederlo dalla mappa satellitare gentilmente fornita da Google Maps.

Il puntino segnato (un pò al di sotto della traiettoria di decollo degli aerei) è la missione, che è rimasta illesa.

Non sappiamo ancora se sia rimasto coinvolto qualcuno di nostra conoscenza, ma non importa molto. La sorte sembra accanirsi platealmente su chi non ne avrebbe bisogno, storia nota. E nelle prossime notti le strade di Kingasani probabilmente risuoneranno di molti canti.

lunedì 24 settembre 2007

Il richiamo

Femme à Kinkole
Ogni volta che incontravo qualcuno che era stato in Africa (quella con la A maiuscola, l'Africa nera, l'Africa subsahariana; quella di cui si parla qua, insomma) mi sembrava di assistere a due tipi di reazioni.

Da una parte ci sono quelli che hanno vissuto un'esperienza orribile, sono rimasti sì toccati, ma forse un pò troppo; sono sconvolti, non ci torneranno più. Bella l'Africa, sicuramente. Ma molto più bella nei documentari del National Geographic.

Dall'altra parte c'è la reazione diametralmente opposta: quelli che hanno trovato. "L'Africa è un posto vero, non come i nostri mondi artificiali. Lì ci sono le nostre radici, le origini dell'umanità. Lì si vive in un modo molto più spontaneo. Arrivare di nuovo in Europa è fastidioso, non vedo l'ora di tornarci. Anzi quasi quasi mi trasferisco!" Sono quelli che ti raccontano le peggiori storie di malattie, disagi e povertà, ma vogliono tornarci lo stesso, non c'è niente da fare. E' un richiamo del cuore, un istinto primordiale.

Io non ho avuto sensazioni così estreme. L'Africa (per quel poco che ho potuto vedere, e ne ho vista veramente poca) mi è sembrata un posto come potrebbero essere tanti altri. Con i suoi pregi, i suoi difetti, le sue parti interessanti, i suoi risvolti fastidiosi. Non penso che mi terrò lontano dall'Africa per sempre, rimuovendola dai miei ricordi. Ma non penso nemmeno che ci tornerò a vivere. Forse non ne ho sentito il "richiamo".

Una cosa che penso mi bloccherebbe dall'andare a vivere in Africa, è la mancanza di anonimato. La continua coscienza di essere un bianco, di essere diverso. Amato, odiato, invidiato; comunque diverso. Fa bene, perché ti fa rendere conto dell'effetto che può essere la sensazione simmetrica: girare da nero nei nostri paesi bianchi. Però, potendo scegliere, non è una sensazione che mi piacerebbe avere tutti i giorni della mia vita.

Chi non ha mai sognato anche una sola volta di diventare così famoso da essere immediatamente riconoscibile nella folla? Non sempre è una condizione invidiabile. Raramente ci si sofferma ad apprezzare invece i benefici dell'anonimato, di poter girare indisturbato per strada senza che nessuno si giri, senza che nessuno ti chiami. Questo per noi in Africa non è possibile.

giovedì 6 settembre 2007

Piove sul bagnato.

Oggi a Roma piove.

Quando a Roma piove, il traffico impazzisce. Il popolo romano è in gran parte abituato a muoversi con mezzi a due ruote; all'arrivo di qualche goccia di pioggia, tutti lasciano il motorino o la moto a casa.

E prendono l'autobus? Sbagliato. Prendono la macchina. Per una proprietà peculiare relativa al volume dei mezzi di locomozione, se ogni persona che doveva spostarsi in motorino prende la macchina le strade di Roma si tappano. Embouteillage.

Che c'entra, direte voi? C'entra perché a Kinshasa succede esattamente il contrario. Quando piove, è il momento migliore per uscire. Per strada non c'è quasi nessuno.

Perché? Molto semplice: perché una considerevole proporzione dei veicoli è aperta. Le macchine hanno i vetri rotti. I pullmini che fanno da taxibus collettivi hanno degli oblò laterali (tagliati con il frullino) per dare aria alle persone stipate dentro. I camion che trasportano persone nel cassone evitano di girare.

Senza contare che buona parte delle strade fuori dal centro sono di terra o sabbia. Se bagnate, diventano fango.

Quando smette di piovere, tutti partono insieme. Embouteillage. A Kinshasa, è normale avere qualche ora di ritardo se è appena passata una pioggia. Come a Roma.

lunedì 3 settembre 2007

Noi eravamo qui.


Grazie a Marco, posso mettere qua la posizione precisa del luogo dove siamo stati! Le coordinate geografiche sono 4°25'13.31"S, 15°24'52.77"E. Su Google Maps si vede chiaramente la chiesa (è l'edificio diagonale grande) e una delle due case della missione (il tetto "luccica", anche se non saprei per che motivo). In realtà la foto satellitare è un pò vecchia, perché manca la seconda casa della missione e l'intero centro di formazione (posizionato a sud della chiesa).

giovedì 30 agosto 2007

Le foto.

Siamo tornati sani e salvi, e come previsto siamo stati riassorbiti dai nostri cicli quotidiani.

Non dispero però di scrivere ancora qualcosa in questo blog, come dicevo - non fosse altro che per rileggermelo da solo in futuro. Stay tuned (me lo dico da solo).

Nel frattempo sono riuscito a trovare il tempo di mettere online tutte le foto. Le trovate qua. C'è una minima classificazione, ma ben poca selezione e niente commenti.

Già che ci sono, vi lascio anche il link alle foto di Silvio.

lunedì 27 agosto 2007

Time to go

Il nostro tempo a Kingasani sta per finire. Domani abbiamo l'aereo per Roma. Saranno circa 24 ore di viaggio "da casa a casa", ovviamente sperando di non dover passare un'altra giornata ad Addis Abeba (mica male per carità, ma non ho più mutande di ricambio).

Oggi abbiamo "inaugurato" il centro, consegnandolo in qualche modo alla gestione dei ragazzi di Kingasani. Un pò di preoccupazione c'è, soprattutto per il fatto che sicuramente abbiamo lasciato delle cose incomplete (abbiamo lavorato anche fino a dopo l'inaugurazione per finire le ultime cose). Ma sarà il mio ottimismo esemplare che mi fa dire questo, andrà tutto benissimo. E sennò, hanno le nostre mail.

Sono rimaste diverse cose che ho scritto ma non postato, diverse altre che non ho nemmeno scritto e avrei voluto scrivere. Immagino che dopo che sarò tornato non avrà più molto senso metterle su, o forse sarò travolto dal quotidiano e non ci penserò nemmeno. Faccio un buon proposito del nuovo anno (che come tutti sanno inizia a settembre e non a gennaio); cercherò di mettere sul blog quello che per motivi di smanettamento, di pigrizia o di mancanza di corrente non ho mai messo. Almeno per futura memoria, almeno mia.

Piccolo spazio pubblicità

Un giovane utente di Ubuntu
Vorrei cogliere l'occasione di questo blog per rompervi l'anima un momento con Linux.

Nel laboratorio di Kingasani abbiamo installato alla fine dieci PC per i corsi di alfabetizzazione informatica, e tre per l'accesso a Internet. In tutte queste macchine abbiamo installato due sistemi operativi: Windows e Ubuntu Linux.

Non mi metterò a ripetere qua tutta la pappardella sulla filosofia del software libero, anche perché ci sono altri testi che sono sicuramente scritti molto meglio.

Ci rendiamo ben conto che in contesti come questo, la battaglia per il software libero è prematura. Per loro è già tanto avercelo, il software. Ci immaginiamo facilmente che il giorno dopo la nostra partenza, è possibile che nessuno faccia più partire le macchine con Linux.

Ma al di là dei facili pessimismi abbiamo voluto lasciare una piccola impronta, un piccolo seme; magari qualcuno in futuro avrà la possibilità di approfondire qualcosa sul software libero. E comunque per noi era importante far loro capire che "computer" non è per forza uguale a "windows". Esistono delle alternative, che tra l'altro (a nostro umile avviso) sono migliori.

Vorrei esportare questo seme anche su questo blog, perché anche voi che leggete avete un'alternativa, e magari non lo sapete. E se non cominciate voi, chi comincerà?

Vi voglio dire solo questo. Se volete un pò bene al vostro computer, scaricate e installate Ubuntu. Eviterete così di doverlo sminare di virus e riformattare ogni mese. Avrete un sistema stabile, funzionale e facile da usare. Più di quanto pensate.

venerdì 24 agosto 2007

Frühstuck in Wien

Colazione al Café Mozart
No, non ci siamo trasferiti in Austria. Eppure quello che vedete sul tavolo (soprattutto se ingrandite la foto) è realtà: coppe di gelato (mango, ananas, banana fatti con vera frutta), una fetta di Sacher, un cannolo.

Queste foto sono state prese in uno dei posti più paradossali di Kinshasa: il Café Mozart. Ci siamo andati ieri, in uno dei nostri rari giri in città. Dopo un'ora di traffico per raggiungere il centro, abbiamo scoperto che la persona con cui avevamo appuntamento era in ritardo (sarebbe poi arrivata due ore dopo, ma questo meriterebbe un post a parte sui tempi africani). Ne abbiamo quindi approfittato per un break di mezza mattina in questo caffè, che potrebbe perfettamente trovarsi sul Danubio se non fosse per un frigo con la pubblicità della birra "Skol".

Come potrete immaginare, la clientela è costituita quasi esclusivamente da bianchi, o comunque da persone che si possono permettere di pagare un dollaro per ogni gusto di gelato.

il bancone dei dolci del Café Mozart
Diversamente da quello che avrete pensato, invece, non si tratta di un avido imprenditore assetato di profitto che ha messo su questo caffè, bensì una congregazione di suore che l'hanno creato come appendice della scuola alberghiera che gestiscono. Le cameriere sono delle ragazze recuperate dalla strada, alcune delle quali sono anche andate a fare uno stage a Vienna.

Messa così, ci è saltato anche il senso di colpa iniziale che abbiamo provato entrando in questo posto. Se non ci spendiamo dei soldi noi, in fondo, chi mai lo farà? Tra l'altro la clientela è piuttosto rara, e dubito che il negozio abbia grandi profitti.

E sarebbe un peccato se scomparisse, perché il gelato è veramente buono.

lunedì 20 agosto 2007

Two-Headed Dollar

Due post in poche ore. Sono proprio ispirato. O forse è solo perché non è ancora andata via la corrente.

La RDC, come tanti altri paesi, è "dollar-based". Nel senso che la valuta forte, qua, è il dollaro statunitense. L'euro viene preso, ma il dollaro piace di più. Quindi noi, ovviamente, ci siamo portati un pò di dollari.

Il vecchio formato dei 20$
Samuele in particolare è arrivato in Congo con un pacchetto di dollari "con la testa piccola", quelli emessi prima degli anni 2000. Ebbene, questi dollari, in Repubblica Democratica del Congo (e anche in Etiopia, perché allo scalo ad Addis ci abbiamo provato) non vengono accettati.

Forse non tutti sanno che i dollari non scadono. La notra sempre affidabile Wikipedia ci spiega che sono valide tutte le banconote emesse dal 1861 a oggi.

Il nuovo formato dei 20$
Samuele si ritrova quindi possessore di un piccolo rotolo di dollari che a Detroit, Michigan, lo manderebbe avanti diversi giorni. A Kinshasa, invece, dove lo stesso valore di dollari potrebbe farlo vivere probabilmente per qualche settimana, quelle banconote sono carta straccia. Un simpatico paradosso. Fosse successo a tutti e tre ora avremmo dei problemi.

E quindi prima di tutto un annuncio di utilità pubblica: se venite in Africa, portatevi i dollari con la testa grossa, quelli con la data posteriore al 2000. Altrimenti vi ritroverete ricchi ma affamati.

E in secondo luogo una semplice domanda: perché?

Nebulosa di Orione

Ieri ho visto le stelle.

La cosa è meno banale di quanto si possa pensare. Partendo per l'Africa, pensi a una natura incontaminata, un inquinamento luminoso pressoché assente, insomma la possibilità di vedere un cielo stellato strepitoso, l'intera via lattea come quando andavi in campeggio da piccolo.

E invece no. Atterri nella Repubblica Democratica del Congo, e non hai nemmeno finito di pronunciarne il nome che ti accorgi del cielo plumbeo. Nei giorni seguenti ti spiegano che questa è la stagione secca; e che durante la stagione secca è sempre così. Il cielo è perennemente grigio, come se dovesse piovere da un momento all'altro. O meglio, come in quelle giornate in cui ti sembra che debba piovere da un momento all'altro, ma in realtà non piove. Solo durante la stagione delle piogge, dopo i temporali, il cielo può diventare davvero terso.

Silvio mi aveva avvertito prima di partire:

- Silvio, ma cosa mi devo portare?
- Guarda, non so cosa porterò, ma so bene cosa non porterò: la crema solare.

Ovviamente non ci avevo voluto credere e la crema solare me la sono portata. Si sta facendo una bella vacanza, lì nella borsa.

L'effetto positivo della cappa di nuvole è in realtà proprio quello: ti evita di morire ustionato. In fondo siamo quasi all'equatore, e le rarissime volte che esce il sole si sente.

L'effetto negativo è che la sera non si vedono le stelle. Solo ieri sera le condizioni c'erano quasi tutte: il cielo si è aperto, e il quartiere era sotto black-out. Si è rivelata qualche timida stella. Certo non la via lattea al gran completo, ma in fondo non male. Certo, ne sapessi riconoscere qualcuna, magari farei un passo avanti.

domenica 19 agosto 2007

Mundele, pesa mbongo!*

Mercato del pesce a Kinkole
In Congo siamo dei rotoli di dollari che camminano. Al di fuori di un raggio di qualche chilometro dalla missione, veniamo regolarmente avvicinati da mercanti e mendicanti che cercano di far passare alcuni dei franchi congolesi dalle nostre tasche alle loro. Comprensibilmente, visto che nelle nostre tasche è spesso contenuto il guadagno medio di un mese per uno di loro. La prima frase in francese che i bambini di città imparano è "Mundele, donne-moi l'argent!"*

Chiaramente, anche i prezzi sono differenziati a seconda del colore della pelle. Noi ci scandalizziamo che i commercianti chiedano a noi un prezzo doppio o triplo di quello che chiedono a un locale, ma è davvero ingiusto?

Anni fa, un gruppo di saltimbanchi olandesi andava in giro su una nave portando uno spettacolo itinerante. All'entrata, gli spettatori venivano pesati; il prezzo del biglietto variava a seconda del peso dello spettatore.

Qualcuno ha proposto di far pagare le multe in funzione del reddito. Un incosciente ricco con la Ferrari non eviterà di andare a 300 km/h in autostrada solo perché potrebbe prendere cento euro di multa. Se ne potrebbe permettere diecimila, di multe così.

E quindi, forse anch'io dovrei pagare un CD sei dollari invece dei tre che paga un autoctono.

Oggi, mentre eravamo a Kinkole, il lido di Ostia di Kinshasa, contornati da venditori ambulanti, un ragazzo congolese che ci accompagnava ci ha fatto notare che lui i CD li pagava la metà di quanto il venditore ci aveva chiesto. E' stato aggredito, perché lui tradiva i fratelli, tradiva il Congo e si era venduto ai bianchi.

Al di là del ragionamento sulla probabile iniquità di pagare le cose quanto le paga uno di qua, mi sono trovato palesemente davanti agli occhi questa barriera che ci divide in "noi" e "loro". Una barriera ineluttabile e probabilmente incrollabile. Mi sono chiesto se potrò mai superare la condizione di dollaro deambulante. O se piuttosto noi mundele non siamo in qualche modo condannati a mantenere il ruolo di vacche da mungere o - al contrario - di sfruttatori che si approfittano di un popolo in miseria per far prosperare i propri affari.

In Congo, ad esempio, non esiste praticamente nessun business in mano a proprietari locali. Senza andare troppo lontano a cercare le multinazionali americane ed europee, anche i piccoli commerci sono in mano a stranieri. Libanesi, indiani, pakistani, cinesi. Gran parte dei soldi spesi in Congo esce dunque dal paese.

I congolesi al limite si muovono su un'economia di sussistenza: possono essere proprietari di un banchetto per la strada che vende il pesce essiccato, o la farina di manioca, o le ricariche dei cellulari. Oppure fanno i venditori ambulanti di CD.

(*Bianco, dammi i soldi!)

martedì 14 agosto 2007

Smanettoni in Congo

Smanettamento
Allora, pare che da questo blog non si capisce bene che ci siamo venuti a fare qua.

A parte il fatto che il link alla pagina del progetto è ben visibile sulla destra di questa pagina (prego cadaunare la diapositiva), per i pigri che non si vogliono leggere tutto il malloppazzo del progetto ve lo riassumo in due righe: siamo venuti qua a selezionare la nuova generazione di nerd congolesi.

Quelli che smonteranno dodici PC perfettamente funzionanti per ottenerne uno leggermente più veloce e un ammasso di rottami. Quelli che passeranno notti insonni a ricompilare i kernel di Linux perché non viene riconosciuta la scheda audio. Quelli che si massacreranno di ping, traceroute, tcpdump per capire perché non passano i pacchetti SMTP finché non scopriranno che era staccato il cavo di rete. Quelli che diventeranno come Samuele, per intenderci.

(Consolatevi: se non avete capito niente di questo paragrafo non siete a rischio.)

Sembra invece che qua la cosa interessi. Probabilmente non sanno a cosa stanno andando incontro. Comunque sembra che seguano con attenzione, anche se nelle nostre pseudolezioni stiamo condensando le conoscenze acquisite con anni di studi (e per quanto mi riguarda, decenni di insipienza accumulata senza un minimo sguardo alla teoria) in tre settimane.

L'ostacolo più grosso è la lingua. Non tanto perché non siamo in grado di parlare francese; quanto perché questi simpaticoni transalpini hanno pensato bene di tradurre qualsiasi termine tecnico nella loro benedetta lingua.

Ordinatore? Repertorio? Commutatore? Passerella? Ma che roba è?

lunedì 13 agosto 2007

Manhattan Transfert

Una strada di Kingasani
Kingasani è come Manhattan.

A prima vista, come scrivevo i primi giorni, sembra un quartiere-fungo nato spontaneo lungo le vie dell'autostrada che collega Kinshasa all'aeroporto. Un pò come il Mandrione, come il borghetto degli Angeli, dove poco prima che partissi stavano facendo le fogne; quarant'anni dopo la nascita del quartiere.

Non è proprio così. E' vero, le fogne non ci sono neanche qua. E' vero, dall'autostrada gli svincoli non sembrano esistere; bisogna passare attraverso il "marciapiede", o meglio la strada di sabbia dove passano i pedoni, e infilarsi in vie di sabbia e terra sempre più strette man mano che ci si allontana dalla via principale.

Ma la fisionomia del quartiere è identica a quella di Manhattan. Le strade sono tutte ad angolo retto tra di loro e costituiscono degli isolati; ogni via ha un nome, e gli insiemi di vie costituiscono dei sottoquartieri, anche loro con i loro nomi. Gli isolati possono appartenere a più proprietari, ognuno con la sua "parcelle", la particella di terreno.

Tutto è molto più ordinato e organizzato di come sembra a prima vista. Ci sono le "rues marchandes", più affollate delle altre, con i banchetti che fungono da negozi: dai peperoncini, al pesce essiccato, al carbone, ai cellulari. Ovviamente tutti hanno un cellulare qua; con 1 dollaro si può avere una scheda. Niente nome, cognome, residenza: un dollaro.

Metà dello stipendio medio giornaliero.

sabato 11 agosto 2007

Atterraggio.

N'Djili Airport, Kinshasa
L'aeroporto di Kinshasa si chiama N'Djili. Il codice aeroportuale è FIH, che non si capisce assolutamente da dove venga. Manco a dire Leopoldville, quando il Congo non era ancora Democratico, non era nemmeno Zaire, ma era Belga.

L'aereo atterra e dalla scaletta si cammina direttamente per 100 metri fino al controllo passaporti, come a Ciampino ai bei vecchi tempi in cui c'era solo Virgin.

Al controllo passaporti ci sono quattro file: diplomatici, VIP, nazionali ed espatriati. Il Congo non è paese da turisti, non saprebbero in che fila mettersi. Per esclusione andiamo nella fila degli espatriati, insieme ai tanti congolesi che entrano col loro passaporto straniero; contrariamente alle previsioni terroristiche di Silvio, la guardia di frontiera ci fa passare, e anche i paramedici in camice bianco che controllano il certificato di vaccinazione della febbre gialla.

Il recupero bagagli è tutt'altra cosa. Raggiungiamo un invidiabile score di 0 bagagli arrivati su 8 spediti, prima di scoprire che l'Ethiopian era stata fin troppo solerte e ce li aveva messi nel volo che noi non eravamo riusciti a prendere. C'è tutto, ed è tutto sano.

All'uscita dall'aeroporto, la guardia ci chiede se abbiamo un pò d'acqua per lui. Marco, il missionario laico che ci è venuto a prendere, ci spiega che è un codice: l'acqua vale 100 franchi congolesi, un "sucré" (bibita) vale 2-300 franchi, una birra 600 franchi. Un dollaro sono 500 franchi, un euro 650.

Marco gli risponde che in stagione secca l'acqua è rara, e ce la caviamo con una risata.

Passiamo il cancello, e siamo a Kinshasa.

giovedì 9 agosto 2007

Nella terra di Haile

Addis Ababa
Aspettiamo un'oretta all'aeroporto di Addis Abeba (anzi, Addis Ababa) che l'ufficio dell'Ethiopian sbrighi le procedure burocratiche per uscire in città. Tutti quelli che venivano da Roma e vanno a Kinshasa passeranno una notte qua: siamo noi tre, due suore, una ragazza congolese e una coppia di signori anch'essi congolesi ma di Brazzaville.

Una volta usciti è tutto organizzato: prendiamo un autobus (certo meglio del 64 che ha preso Samuele) che ci porta all'albergo in centro. Un bell'alberghetto, le stanze sono enormi, televisione con ben 4 canali di cui la CNN e frigo (senza bar). Nel tragitto Silvio continua a ripeterci che questa è un'ottima preparazione a quello che ci aspetta a Kinshasa: una via di mezzo tra Europa e Africa. Dice, "qua i taxibus sono colorati diversamente, e ci sono le strisce per strada". Ah.

A quanto mi sembra di capire uscendo a fare un giro con un taxi affittato, il concetto di "centro città" è relativo: questa sembra essere una di quelle città in cui non c'è un centro evidente. Ci sono grandi strade, una serie di poli d'attrazione, ma nessun centro storico chiaro. Il campus universitario, antica residenza di Haile Selassie, è splendido. Altro che la Sapienza (ci vuole poco in effetti).

L'autista dovrebbe farci vedere le attrazioni "turistiche", ma non sembra molto collaborativo. Ci porta in un quartiere che si chiama "Piazza", un altro che si chiama "Mercato", e ci dice che qui gli italiani non li odia più nessuno, è stato tanto tempo fa. Noi insistiamo col nostro senso di colpa da rimosso colonialista, vorremmo farci prendere a bastonate tanto per tornare contenti a casa con le cicatrici da far vedere a Del Boca, ma niente. Ci vogliono bene. Campioni del mondo.

La sera vorremmo andare a mangiare zighinì in qualche bettola (Silvio e Samuele non hanno mai mangiato eritro-etiope, un crimine!), però ci sconsigliano di uscire. Non capiamo se è perché vorrebbero che dessimo altri soldi all'autista che ci porta nel bel posto turistico carino, oppure per sana preoccupazione per la nostra salute di bianchi spaesati. In effetti però non c'è molto là intorno (a parte uno strano ristorante "Lombardia") e quindi propendiamo per mangiare in albergo. Lo zighinì non esiste (sarà un nome eritreo?), ma ci portano roba comunque molto buona e un ingera leggerissimo, molto più che in Italia.

Vado a dormire sazio ma non gonfio, pensando però che questa Addis non l'ho capita. Certo, ci sono stato poco e non mi ero preparato. Ma anche geograficamente, non sono riuscito ad inquadrarla. Niente da fare, ci dovrò tornare.

Flashback: il viaggio

Samuele a Fiumicino
Facciamo un passo indietro. Domenica 5 agosto, Roma.

Dobbiamo partire tutti e tre da Fiumicino, quindi appuntamento a Roma, a casa mia. Ho in casa 3 PC e una stampante che dobbiamo portare giù, e ce li dobbiamo distribuire nei nostri bagagli. Pare che portarci i PC negli scatoloni potrebbe darci problemi con la dogana, quindi dobbiamo infilarli nelle valigie.

Gli altri 7 PC (in totale sono 10) che servono per il centro li abbiamo già mandati a dei ragazzi di Lecco che scenderanno a Kinshasa un giorno dopo di noi. Ci avranno maledetti in perpetuità.

Samuele deve arrivare col treno a Termini. Peccato che a Roma San Pietro gli comunicano che la stazione Trastevere ha preso fuoco (?) e quindi il treno si ferma. Samuele carico come un mulo si fa fino a Termini sul 64 zeppo. Medaglia al valore.

A parte questi piccoli intoppi, ci troviamo tutti a casa mia insieme a genitori sparsi che ci accompagneranno all'aeroporto. Seminiamo hardware per casa ovunque (ovviamente Samuele si è portato appresso un laboratorio di microelettrotecnica), mettiamo tutto nelle valigie e finalmente via.

Il volo è Roma - Addis Abeba - Kinshasa, e parte a un orario molto comodo: le ore 01:50. A Fiumicino ci siamo noi, gli agenti dell'Ethiopian e qualche addetto alle pulizie. Temiamo per il peso dei bagagli: abbiamo un limite di 45kg per uno, ma la somma supera di 10kg. Ma nessuno se ne accorge (vai tu a sommare il peso di 8 bagagli!), quindi la passiamo liscia.

Ovviamente nel volo non si dorme, e arriviamo in ritardo a Addis. La mia speranza segreta si realizza: siamo in ritardo, perdiamo la coincidenza. Dobbiamo passare 24 ore a Addis Abeba, a spese di Ethiopian. Grandioso.

mercoledì 8 agosto 2007

Da Vilnius a Kinshasa

Pochi capiranno questo riferimento intellettuale; dopo il viaggio nei Paesi Baltici di maggio, adesso sono a Kinshasa, Repubblica Democratica del Congo. Diventando così probabilmente uno dei pochi esseri umani ad essere stato dal Congo alla Lituania (anzi, viceversa) nel giro di pochi mesi.

Ci troviamo a Kingasani, commune de Kimbanseke, Kinshasa, per installare un centro informatico. Il centro si trova presso una missione, che è a tutti gli effetti l'unico punto di aggregazione del quartiere.

Quartiere che poi non è un "quartiere" come lo immaginate voi.

Prendete una strada piuttosto grande, diciamo 2-3 corsie per parte. Tiratela dritta e asfaltatela, dal centro di Kinshasa all'aeroporto. Ai lati vi ritroverete una serie di quartieri "informali", spuntati senza particolari infrastrutture (leggi: no acqua, no fogne, no elettricità), su strade di sabbia frammischiata a vari residui stratificati. Aggiungete qualche centinaio di migliaia di persone, mescolate bene ed ecco a voi Kingasani. In mezzo a Kingasani, la missione della Consolata.

Non vorrei liquidare le mie impressioni in poche parole. Cercherò di farlo in futuro. Per ora mi limito ai fatti.

Sono qua con Silvio e Samuele, i due altri ISFini (soci di Ingegneria Senza Frontiere) che partecipano al progetto. Stiamo alloggiati presso la missione. A quanto dice Silvio, che è stato qua due anni fa, è un Club Med: lui due anni fa si lavava col secchio e il suo progetto si svolgeva presso un posto senza bagni né posti dove comprare da mangiare (quindi non pranzava). Per andarci, si faceva 1 ora in taxibus.

Noi abbiamo una doccia, facciamo 3 pasti al giorno, e abbiamo il lavoro a 100m dal nostro letto. Meglio che a casa.

Non usciamo molto dalla missione, se non per qualche giretto nel quartiere. Il centro è a 20km, noi non sapremmo come arrivarci; e pare che dopo le 20 non sia tanto il caso di uscire. Dovremo fare a meno di Kinshasa by Night, a quanto pare.

Domani però ci sarà Kinshasa by day; andiamo in giro in città a fare un pò di spese.