lunedì 24 settembre 2007

Il richiamo

Femme à Kinkole
Ogni volta che incontravo qualcuno che era stato in Africa (quella con la A maiuscola, l'Africa nera, l'Africa subsahariana; quella di cui si parla qua, insomma) mi sembrava di assistere a due tipi di reazioni.

Da una parte ci sono quelli che hanno vissuto un'esperienza orribile, sono rimasti sì toccati, ma forse un pò troppo; sono sconvolti, non ci torneranno più. Bella l'Africa, sicuramente. Ma molto più bella nei documentari del National Geographic.

Dall'altra parte c'è la reazione diametralmente opposta: quelli che hanno trovato. "L'Africa è un posto vero, non come i nostri mondi artificiali. Lì ci sono le nostre radici, le origini dell'umanità. Lì si vive in un modo molto più spontaneo. Arrivare di nuovo in Europa è fastidioso, non vedo l'ora di tornarci. Anzi quasi quasi mi trasferisco!" Sono quelli che ti raccontano le peggiori storie di malattie, disagi e povertà, ma vogliono tornarci lo stesso, non c'è niente da fare. E' un richiamo del cuore, un istinto primordiale.

Io non ho avuto sensazioni così estreme. L'Africa (per quel poco che ho potuto vedere, e ne ho vista veramente poca) mi è sembrata un posto come potrebbero essere tanti altri. Con i suoi pregi, i suoi difetti, le sue parti interessanti, i suoi risvolti fastidiosi. Non penso che mi terrò lontano dall'Africa per sempre, rimuovendola dai miei ricordi. Ma non penso nemmeno che ci tornerò a vivere. Forse non ne ho sentito il "richiamo".

Una cosa che penso mi bloccherebbe dall'andare a vivere in Africa, è la mancanza di anonimato. La continua coscienza di essere un bianco, di essere diverso. Amato, odiato, invidiato; comunque diverso. Fa bene, perché ti fa rendere conto dell'effetto che può essere la sensazione simmetrica: girare da nero nei nostri paesi bianchi. Però, potendo scegliere, non è una sensazione che mi piacerebbe avere tutti i giorni della mia vita.

Chi non ha mai sognato anche una sola volta di diventare così famoso da essere immediatamente riconoscibile nella folla? Non sempre è una condizione invidiabile. Raramente ci si sofferma ad apprezzare invece i benefici dell'anonimato, di poter girare indisturbato per strada senza che nessuno si giri, senza che nessuno ti chiami. Questo per noi in Africa non è possibile.

giovedì 6 settembre 2007

Piove sul bagnato.

Oggi a Roma piove.

Quando a Roma piove, il traffico impazzisce. Il popolo romano è in gran parte abituato a muoversi con mezzi a due ruote; all'arrivo di qualche goccia di pioggia, tutti lasciano il motorino o la moto a casa.

E prendono l'autobus? Sbagliato. Prendono la macchina. Per una proprietà peculiare relativa al volume dei mezzi di locomozione, se ogni persona che doveva spostarsi in motorino prende la macchina le strade di Roma si tappano. Embouteillage.

Che c'entra, direte voi? C'entra perché a Kinshasa succede esattamente il contrario. Quando piove, è il momento migliore per uscire. Per strada non c'è quasi nessuno.

Perché? Molto semplice: perché una considerevole proporzione dei veicoli è aperta. Le macchine hanno i vetri rotti. I pullmini che fanno da taxibus collettivi hanno degli oblò laterali (tagliati con il frullino) per dare aria alle persone stipate dentro. I camion che trasportano persone nel cassone evitano di girare.

Senza contare che buona parte delle strade fuori dal centro sono di terra o sabbia. Se bagnate, diventano fango.

Quando smette di piovere, tutti partono insieme. Embouteillage. A Kinshasa, è normale avere qualche ora di ritardo se è appena passata una pioggia. Come a Roma.

lunedì 3 settembre 2007

Noi eravamo qui.


Grazie a Marco, posso mettere qua la posizione precisa del luogo dove siamo stati! Le coordinate geografiche sono 4°25'13.31"S, 15°24'52.77"E. Su Google Maps si vede chiaramente la chiesa (è l'edificio diagonale grande) e una delle due case della missione (il tetto "luccica", anche se non saprei per che motivo). In realtà la foto satellitare è un pò vecchia, perché manca la seconda casa della missione e l'intero centro di formazione (posizionato a sud della chiesa).